Top
  >  blog   >  Travel Blogger: il coraggio di lasciare il posto fisso
blank

Nella vita si possono avere per tanto tempo i piedi in più staffe, anche in più di due, ma a un certo punto è necessario fare una scelta. Oggi il Blogger e il Travel Blogger sono figure riconosciute nell’ambito dei media e dei social media, non è più come nel 2008 quando è nato il mio primo blog e fare una scelta significa secondo me anche dare importanza alla propria passione, dargli una dignità. Cercando di trasformarla in un lavoro a tutti gli effetti.

Licenziarsi o non licenziarsi

Fare il blogger significa tante cose. Innanzitutto blogger significa che si ha un blog, non solo che si lavora con i social (twitter, facebook, instagram e tutti i live ad esso collegati). Se si vuole fare il blogger, si deve curare con passione e con dedizione un blog: ogni giorno per essere ben posizionati sui motori di ricerca, essere visibili sui social, avere una buona reputazione, sia come brand del blog, sia come brand di sé stessi.
Facciamo un esempio concreto.
Cosa significa essere ben posizionati?
Significa che se vado su un motore di ricerca, Google ad esempio, e cerco “migliore zuppa di zucca“, a venirmi fuori nelle prime risposte, oltre quelle a pagamento, dovrà esserci anche il mio post nel blog.
Esempio sui social network.
Cosa significa avere una buona reputazione online?
Significa che se un brand deve chiamare uno o più blogger o influencer, vorrà avere persone che solo a nominarle evocano pensieri positivi, pensieri in linea con lo stile e la mission del brand.
Se ho un brand di sport che vuole 3 blogger per invitarle a correre la mini maratona e chiamo una blogger che si sa che ama mangiare e ama il divano, ecco che quella blogger non va bene. Ma non è tutto. Nessuno vuole una blogger finta, che finge, che fa polemica, che scrive o fa video in cui denigra qualcuno, insomma tutti vogliono una blogger professionista, sulla carta e dal vivo.

Come ho trovato il coraggio di mollare tutto

Torniamo a noi. Ho lavorato 3 anni in una web agency, ho imparato tantissimo, ho fatto i lavori più disparati, ho imparato come scrivere i testi per il web, come lavorare in un team, come formarmi e informarmi e nel 2008/2009 ho conosciuto le prime persone che in quegli anni lavoravano sul web che poi ho ritrovato nelle posizioni più disparate nella blogsfera. Devo dire che questo mi ha aiutata a entrare in alcune dinamiche e in alcune situazioni e anche ad avere alcuni lavori o vantaggi in determinate dinamiche. Aver avuto un vantaggio in termini di tempo, mi è stato molto utile.
Ho lasciato il mio lavoro dopo 4 anni di blog.
Mi sono licenziata quando stava per arrivarmi una proposta di lavoro a tempo indeterminato e quando ho sentito che il blog poteva darmi quello che cercavo: entusiasmo ogni giorno, viaggi, energia e curiosità, oltre che soldi con cui vivere, diciamolo.

Tornare indietro? Sì, perché

Soprattutto ora che ho un figlio penso, tornerei indietro?
Tornerei a lavorare per qualcuno i cui datore non sia io?
A volte mi rispondo di sì, perché quando sei in proprio non hai orari e non ci sono domeniche (e non è un modo di dire). Solo la scorsa settimana ho lavorato per due notti dalle 3 alle 7 della mattina. Ecco in quei casi a volte mi viene da pensare a chi alle 18.30 stacca dall’ufficio e va a farsi un aperitivo senza più pensieri fino alle 8 del mattino dopo, come del resto facevo anche io qualche anno fa.
La busta paga, la tredicesima e la quattordicesima sono un altro motivo. Niente clienti da seguire e inseguire, niente problemi di commercialista, tasse da pagare, soldi da tenere in conto per l’anticipo delle tasse.
Per non parlare delle ferie, quattro settimane l’anno, quando va bene, che a me non basterebbero nemmeno per sei mesi. Essere padroni di se stessi significa prenotare senza problemi e senza doverlo chiedere a nessuno, una o due settimane di viaggio, partire di mercoledì e tornare di venerdì, lavorando e recuperando poi il weekend. Dormire un’ora in più il lunedì mattina o concedersi una colazione più lunga.

Tornare indietro: mai!

Poi per fortuna, in mezzo a tanti pensieri, vedo realmente chi fa una vita d’ufficio e penso che io non potrei mai tornare ad avere certi ritmi scadenzati. Ora che ho un figlio, tra l’altro, la vita da libera professionista mi calza a pennello. Lavoro quando Giulio dorme, lavoro quando c’è la babysitter e lavorerò quando Giulio andrà all’asilo, sempre e solo quando vorrò io con tutte le pause e le merende insieme.
Lo accompagnerò all’asilo e sarò l’unica datrice di lavoro del mio tempo.
Nel 2017 festeggio 5 anni di partita iva, e posso confermare di non essere mai stata più felice e soddisfatta di una decisione lavorativa presa.

Mi manca qualcosa della vita da dipendente?

L’unica cosa che credo mi manchi davvero è la formazione. Nessuno mi viete di farla anche da libera professionista, sia chiaro, ma da dipendete era più facile forse. Ora lavoro molto e spendo diverse settimane all’anno in viaggio, ma sento che alcuni corsi di formazione dovrei e vorrei farli, ma mi manca il tempo. Tempo che prima invece potevo impiegare tranquillamente.

Articoli correlati: